TANGO
Il tango, spiega Pelinsky, è un'ibridazione urbana di danze locali portuali, creole e nere, con il ritmo della habanera e con elementi di musiche popolari, italiane e spagnole perlopiù, introdotte nei porti di Buenos Aires e Montevideo da immigrati europei alla fine dell'Ottocento. E' proprio da Buenos Aires “sorta in mezzo a pianure grandi come continenti, orizzonti dilatati, tramonti di commozione, dove l'Europa è lontanissima, ma è perenne nostalgia” (Enrico Deaglio), che il tango è partito per il suo coraggioso e lungo viaggio alla conquista del mondo.
Da Buenos Aires direttamente a Parigi, che ne ha costruito l'immagine esotica (viene in mente l'esotismo dello stile giungla, costruito invece attorno all'orchestra di Duke Ellington, nei due decenni successivi a Harlem). E da Parigi a Londra e in tutto il mondo.
Oggi esistono delle tradizioni di “tango autoctono” anche in Finlandia, in Giappone e in Turchia. E' scritto molto probabilmente nei suoi geni, il tango è una musica destinata a non passare mai di moda, a continuare ad essere popolare.
Esistono per esempio più di centocinquanta registrazioni diverse di Adios Nonino, uno dei suoi brani più noti.
Lo hanno inciso, fra i tanti, Daniel Barenboim (sì, proprio lui, il celebre direttore d'orchestra e pianista), Die 12 Cellisten der Berliner Philarmoniker, il trio jazz di Fred Hersch, il vibrafonista Gary Burton, il clarinettista kletzmer Giora Fiedman, Lalo Schifrin, l'Orchestra d'Archi Italiana di Mario Brunello, il New Danish Saxophone Quartet, Phil Woods, Richard Galliano.
Piazzolla, che era nato l'11 marzo 1921 a Mar del Plata, ci ha lasciato una montagna di musica, più di mille lavori, e, oltre a Adios Nonino, molti altri dei suoi brani (citiamo al volo Oblivion e Libertango), sono entrati a far parte del repertorio comune, e non solo di quello jazzistico: il violinista Gidon Kremer, il violoncellista Yo Yo Ma si sono applicati alle pagine, spesso complesse e intricate, del compositore, al quale, sul finire degli anni Ottanta, sono state commissionate anche due partiture per il quartetto musicalmente onnivoro per eccellenza, il Kronos Quartet.
La sua è stata una figura di difficile collocazione: Piazzolla fonde e confonde il tango porteño – quello argentino delle origini – con i modi e le forme del jazz e con quelli della musica colta. Non bisogna dimenticare infatti che ha studiato composizione con il grande Alberto Ginastera (1941-46), che gli ha insegnato tutto quello che c'era da sapere su Stravinsky e Bartòk, ma che però, forse involontariamente, gli ha fatto anche “abbandonare” il tango: Piazzolla, negli anni successivi, si butta su sinfonie, ouverture, concerti per pianoforte, musica da camera. Ci penserà Nadia Boulanger (1954-55, per le preziose mani di questa “cult-teacher” sono passati anche Roger Sessions, Walter Piston, Aaron Copland, Egberto Gismonti), a rimetterlo in carreggiata e a convincerlo a “ripensare” il tango.
In una delle ultime interviste rilasciate, Piazzolla ha ricordato che si vergognava addirittura di confessare alla sua insegnante di suonare il bandoneon, e che, col senno di poi, si è invece reso conto che quei 18 mesi di studio accanto a lei gli sono serviti “come fossero stati 18 anni”. E' forse anche grazie alla Boulanger che la musica di Piazzolla riesce ad imporre “la tagliente violenza del tango primitivo in mezzo a un disegno di fuga o a un ricorso politonale” (Carlos Kuri). La forza e il potere dei suoi tanghi, alla fine, si fondono sulla corporeità. Ecco che rientrano in scena i nostri due ballerini.
Helmut Failoni – L'UNITA' – 12/06/2002